martedì, ottobre 25, 2005

In treno

La stazione

Facciamo due conti: ho studiato dal 1980 al 1986, ho cominciato a lavorare nell'ottobre 1986, appena finito le superiori, e in questi anni una costante della mia vita quotidiana è stata una sola: il treno.
Inizialmente lo prendevo come studente due volte al giorno per 6 giorni alla settimana, poi come impiegata per ben quattro volte al giorno per 5 giorni alla settimana, poi infine per due volte al giorno in orari vari per 5 giorni alla settimana.
Ho incontrato tanti personaggi da poterne trarre tante storie: l'uomo col borsello e impermeabile che cerca sempre il posto unico ad inizio o fine carrozza, l'uomo che cammina lungo tutto il treno prima di scegliere il posto più comodo o vicino alle porte di uscite, la donna che si trucca alle 6.30 di mattina con figlio piccolo al seguito pronto per la scuola materna, il playboy di turno che abborda le ragazzine sole facendosi raccontare vita, morte e miracoli, gli amori che nascono in treno quando tutti e due hanno la fede (ma di altri rispettivi coniugi!).
Ma nonostante i ritardi, la scomodità, la sporcizia, il rumore, ho sempre amato il treno come mezzo di trasporto, un po' perchè legata a questo rito dell'arrivo dall'oscurità del treno (sono riuscita a salire anche su quelle carrozze dalle cento porte dove quattro paia di occhi ti fulminavano all'istante se salivi proprio sul loro spazio), e al rito del viaggio e dello scorrere della vita fuori del finestrino.
I film che riportano sequenze in treno o in stazione sono innumerevoli, ma voglio ricordarne uno in particolare che mi ha divertito e che tanto difficilmente passa in tv di questi tempi: "La stazione" di e con Sergio Rubini, Margherita Buy (allora marito e moglie) ed Ennio Fantastichini. Il film è anche un elogio ai capistazione, ora sempre più assenti nelle piccole stazioncine e sostituiti da enormi macchinari e voci metalliche che annunciano l'arrivo o meno del treno, quei capistazione a volte gentili e a volte impazienti, sempre puntuali nelle loro mansioni.
Ecco, se volessi ringraziare un ferroviere per la sua attività così maltrattata in questi ultimi anni gli regalerei questo film, piccola chicca del nostro cinema italiano.

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