martedì, luglio 26, 2005

12 agosto 1944 - Sant’Anna di Stazzema - Lucca

Sant'Anna di Stazzema

Questo non è il titolo di un film, è il nome di una località che ha visto uno dei più atroci massacri della seconda guerra mondiale, compiuto il 12 agosto 1944 da quattro compagnie di SS del secondo Battaglione, la quinta, la sesta, la settima e l'ottava. Un massacro che assieme a molti altri ha visto la luce soltanto con la scoperta dei fascicoli ritrovati in un armadio sigillato per 50 anni.

Vi consiglio la lettura del libro "L’armadio della vergogna" di Franco Giustolisi, del quale vi riporto l’introduzione: "Dentro un armadio, rifilato in un vano recondito della sede della Procura generale militare, in via degli Acquasparta a Roma, sono stati nascosti per sessant'anni i fascicoli contenenti i nomi dei responsabili, nazisti e fascisti di Salò, delle centinaia di stragi che hanno colpito il nostro Paese tra il 1943 e il 1945. Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto, Fivizzano, Capistrello, Barletta, Matera e tanti altri comuni colpiti dalla barbarie. Decine di migliaia di vittime. Gente senz'armi, civili in fuga dalla guerra. Per lo più donne, vecchi, bambini. Grazie a quell'armadio gli assassini hanno goduto di sessant'anni di impunità. Ma oggi? Oggi cosa impedisce di sapere? Chi dette l'ordine? Quale fu esattamente? Chi chiederà perdono a nome dello Stato per questa colossale ingiuria?"

Ed infine una poesia:

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo.
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Salvatore Quasimodo

mercoledì, luglio 20, 2005

Balle spaziali

Balle spaziali

TA-TA-TATA-TA-TATA-TA-TATATATA. E' finita, finalmente è finita la saga di "Star Wars" o "Guerre Stellari": Lucas ha sfornato il 3° episodio quale prequel al 1° o 4° episodio che dir si voglia. Tanto il 3° episodio è buio, catastrofico, negativo, in America è uscito addirittura con l'ingresso vietato ai minori di 14 anni non accompagnati, tanto il 1° è il migliore in assoluto, un film che può essere benissimo visto così com'è, senza sapere cosa c'era prima e cosa avverrà dopo. Ma si sa, le manie di grandezza di Lucas e soprattutto gli incassi di Lucas possono far lievitare il numero degli episodi, peraltro bellissimi sotto il profilo degli effetti speciali.
Ma io assistendo alla visione del 3° episodio "La vendetta dei Sith" non ho potuto fare a meno di ricordare quel carinissimo film intitolato "Spaceballs" o "Balle Spaziali" girato ed interpretato da Mel Brooks (si è ritagliato il ruolo di Yogurth alias Yoda e del Colonello Sandurz), Bill Pullman, Daphne Zuniga, lo scomparso John Candy (canuomo o uomo cane) e Rick Moranis nel ruolo di Darth Vader o Lord Fenner, che nella traduzione italiana diventa Lord Casco Nero.
La trama è solo un pretesto per una deliberata parodia di Guerre Stellari, ma diverse scene riprendono anche Star Trek, Il ponte sul fiume Kwai, Il mago di Oz, Zardoz, Il pianeta delle scimmie, Rambo. Il film si prende gioco anche di vari aspetti culturali degli anni '80, tra cui i fast food ed il merchandising cinematografico: parolacce a go-go, prese in giro della televisione americana, teletrasporti malfunzionanti, problemi ecologici e molto altro ancora ne fanno un film godibile: qui non si parla di forza ma di ... sforzo! Frasi celebri: "Tu hai l'anello, e vedo che il tuo sforzo è grosso come il mio.", oppure "E che lo sforzo sia sempre con voi".
Se riuscite a videoregistrarlo, non perdete la prima sequenza: l'interminabile transito dell'astronave aliena nello spazio profondo dà l'idea di come sarà il film, senz'altro non un capolavoro, alcune scene cadono di ritmo, ma uno dei film di Brooks da rivedere con piacere, assieme a Frankestein Junior e La pazza storia del mondo.

Un amore tutto suo

Un amore tutto suo

Lei, Lucy, bigliettaia e pure orfana in quel di Chicago, è innamorata di lui, sconosciuto manager belloccio che prende la metro ogni mattina. Ma fortuna, o sfortuna, vuole che lui, rapinato da alcuni bruti e caduto sulle rotaie della stazione, venga soccorso da lei e com'è e come non è, al pronto soccorso dell'ospedale viene scambiata per la fidanzata del ricoverato, ora in coma.
La poverina, ignara del prossimo matrimonio, viene accolta per le feste di Natale dalla variopinta famiglia di lui: madre, padre, nonna, sorellina, zio acquisito e dal fratello minore del dormiente, Jack, unico ad essere dubbioso sull'effettiva situazione sentimentale del fratello, sempre circondato da bionde mozzafiato o non da una mora, seppur simpatica, che abita in un mini e il cui figlio del padrone di casa si professa suo fidanzato.
Ma la trama, inizialmente aggrovigliata semplicemente per un piccolo equivoco, viene a risolversi dopo il risveglio dal coma del fratello maggiore: nel frattempo è nata una simpatia, e magari qualcosa di più, fra Lucy e Jack.
Così è la vita: si pensa di amare il bellone figo sicuro di sè ed indipendente, già in procinto prima dell'incidente di sposarsi con una bellona dal naso rifatto ma non ancora separata dal primo marito, mentre poi si sposa il fratello di lui, che costruisce sedie a dondolo, e finalmente andranno in viaggio di nozze a Firenze, come desiderato fin da bambina. Cosa si può volere di più dalla vita?
L'interprete principale, in una delle sue prime commedie, è Sandra Bullock, simpatica, carina, imbranata quanto basta, soprattutto quando, messa alle strette da Jack, rivela a tutti i familiari, quale prova inconfutabile che lei è veramente fidanzata con Peter, che il povero rapinato ha un solo testicolo, causa sfortunata partita a tennis con un amico broker finanziario!
Ve lo consiglio per una serata scacciapensieri, niente più, magari nel periodo natalizio, fa tanto freddo e si sta bene accoccolati sul divano a guardare la tv.

venerdì, luglio 08, 2005

L’occhio che uccide

L'occhio che uccide

Uno dei primi film che mi hanno letteralmente terrrorrrizzato nell'adolescenza è stato "L’occhio che uccide", un film del 1960 di Michael Powell. L’interprete principale è Karl Bohem, ricordate il Principe Giuseppe nella serie della Principessa Sissi? Beh scordatevi le atmosfere bucoliche e Romy Schneider, qui Karl, Mark Lewis nel film, fin da bambino deve sopportare i bizzarri esperimenti sulla paura, ed i suoi effetti sul sistema nervoso, fatti e ripresi in superotto dal padre scienziato.
Da grande, dopo che tutti i suoi parenti sono morti, Mark lavora indovinate un po’, presso uno studio cinematografico londinese, affitta una camera nella casa di una ragazza, Helen Stephens, che un po’ si invaghisce di lui, ma nel tempo libero Mark coltiva un terrificante hobby: ama uccidere donne mentre le riprende con una telecamera per filmare le espressioni di terrore prima di morire.
Evidentemente gli esperimenti del padre hanno lasciato qualche piccola conseguenza… Riuscirà Helen a salvare Mark dalla sua ossessione? Non vi rivelo come vengono uccise le donne, soltanto alla fine del film si scoprirà la verità.
Sembra di guardare un film nel film, come se da spettatori dovessimo diventare guardoni e noi stessi carnefici delle povere vittime (il titolo originale del film è infatti "Peeping Tom" che tradotto significa "Il Guardone").

Sette spose per sette fratelli

Sette spose per sette fratelli

Quand’ero bambina andavo letteralmente pazza per i musical o film musicali: i miei divi preferiti erano Fred Astaire, per la sua leggerezza e perfezione nello stile, soprattutto quando ballava con Ginger Rogers, ma soprattutto Gene Kelly, per la potenza delle sue coreografie (Ballando sotto la pioggia, Un americano a Parigi, e molti altri). Tra la miriade di film di quel periodo fortunato, non mi faccio mai sfuggire per tv "Sette spose per sette fratelli", film di Stanley Donen del 1954 con Howard Keel e Jane Powell.
Rimasti orfani dei genitori, i sette fratelli Pontipee vivono in una casa solitaria tra i monti, facendo i boscaioli e gli agricoltori e si può capire come sette uomini soli sentano la mancanza di una donna che si occupi della loro casa.
E così Adamo (Howard Keel), il maggiore dei fratelli (a proposito, sono tutti chiamati con nomi biblici scelti in ordine alfabetico), sceso un giorno in paese per affari e acquisti, conosce Milly (Jane Powell) e in quattro e quattrotto se la sposa, convinta lei di dover badare ad una graziosa casetta sui monti e a pascoli in fiore.
La verità è che l’aspettano altri sei omaccioni, alquanto rudi e villani a cui pensare e la delusione all’inizio sarà grande, ma la dolce Milly saprà addomesticarli e farne sei bei giovanotti da presentare alle sue amiche nella consueta festa annuale, dove però, a causa di una rissa violenta tra cittadini e i sette montanari, i bei progetti di fidanzamento collettivo vanno all’aria.
Unica soluzione, tralaltro suggerita dalla Bibbia, il ratto delle Sabine: con il favore delle tenebre e prima che una valanga isoli la casa sui monti dalla strada per il paese, sei dolci fanciulle verranno "rapite" e durante l’inverno custodite da Milly. Con la primavera nascerà l’amore e i sei matrimoni saranno allietati dalla nascita di una bambina, figlia di Milly e Adamo.
Ah che bello andar per monti, con un rude uomo che spasima solo per te ed è disposto a tutto per te. Ma se poi penso a tutto quello che bisogna fare in una "fattoria" …